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CORRIERE DELLA SERA
21 febbraio 2007
ABUSIVI DI TUTTO IL MONDO, UNITEVI: AD AGRIGENTO E' NATO IL VOSTRO PARTITO
GIAN ANTONIO STELLA
a pag.38

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LETTERA

Agrigento, 18 febbraio 2004

COMUNE DI AGRIGENTO
Il Sindaco
Al Direttore del quotidiano
La Repubblica
Ezio Mauro

Egregio Direttore,
alle pagine I e XV del supplemento regionale di Palermo, nel numero di Repubblica di
domenica 1 febbraio, è stato pubblicato un articolo dal titolo “Agrigento celebra la sagra
dell’abusivismo in fiore”* a firma di Agostino Spataro, che offende profondamente la città
di Agrigento e gli agrigentini, e che arreca un danno grave alla Sagra del Mandorlo in fiore,
nel suo primo giorno di manifestazioni.
Quanto ancora Agrigento dovrà tollerare, caro Direttore, di essere additata come la città
degli abusivi? La città ha chiuso ormai da anni con il passato di scempi e di abusivismo: gli
agrigentini hanno avviato da tempo un nuovo corso di legalità e di sensibilità verso
l’ambiente, ed in modo particolare verso l’immenso patrimonio naturale e culturale. Quanti
turisti ancora dovranno recarsi nella Valle dei Templi cercando invano gli scempi edilizi,
anziché immergersi nell’aura di pace, densa di storia antica che promana dai nostri
luoghi?
E poi la Sagra: non è una festa popolare, una tradizione come altre per celebrare l’arrivo
della primavera, ma è un vero e proprio rito di speranza di pace che si perpetua da più di
50 anni. L’anima della nostra città, aperta storicamente allo scambio culturale, si esprime
in uno straordinario scenario naturale e monumentale con una festa che supera, per i suoi
valori universali, i confini territoriali. La Sagra del Mandorlo in fiore e il festival
internazionale del Folklore meritano di rifulgere quale unico esempio siciliano di un evento
culturale capace di dimostrare che la perfetta armonia tra culture, religioni, usi e costumi
profondamente differenti, è una realtà possibile. Nel giorno in cui si celebra ad Agrigento
l’apertura di questo evento capace di trasmettere valori così profondi e importanti per il
nostro tempo, siamo invece dileggiati come “gli abusivi in fiore”.
Spataro, per altro, si diletta a ritrovare perfino profonde radici nella nostra presunta storia di abusi, additando monsignor Gioeni, vescovo del XVIII secolo, quale autore di scempi
(avrebbe, a suo dire, autorizzato l’utilizzo delle pietre del tempio di Giove per far costruire il porto di Porto Empedocle), e scimmiottando gli agrigentini, che sono stati capaci anche di dedicargli una via, tra le principali della città.

Il prelato è ricordato da Agrigento perché rivolse la sua attività nel campo dell’istruzione,
della cultura, del commercio, preoccupandosi di dare lavoro alla popolazione: fondò la
Sacra Famiglia per l’istruzione gratuita delle fanciulle, le scuole pie per la formazione
professionale degli uomini e il Monte Frumentari a favore dei contadini. Ma soprattutto
nulla ebbe a che vedere con la costruzione del molo di Girgenti, e con i resti del tempio più
grande di Agrigento.
Relativamente all’utilizzo del materiale del tempio per la realizzazione del molo di Girgenti, precisiamo che il progetto di Gioeni si riferiva al riutilizzo del porto greco della foce del Fiume Akragas e non a Porto Empedocle. Inoltre la proposta di Gioeni è del 1746, mentre i lavori partirono nel 1749. Durante i tre anni il progetto Gioeni fu sostituito da quello di Savalza. Infine, da documenti originali, emerge che per la formazione dei 400 metri di scogliera dovesse essere utilizzata la pietra di Monterossello, come si evince anche nel consuntivo spese redatto nel 1752 dal colonnello Geronimo Settimo, con cui era stato
disposto l’acquisto di polvere da sparo da impiegare a Monterossello e non certo al tempio
di Giove, crollato per ben altre ragioni diversi secoli prima (gli ultimi resti caddero il 9
dicembre del 1401, e ciò spiega lo scarso interesse del “disegnatore” Goethe verso i
reperti).
Per quanto attiene l’abusivismo, chiariamo che la forma rigorosa di tutela introdotta
dall’amministrazione comunale, a differenza del passato, quando leggi tanto incerte
quanto permissive, in uno con la custodia passiva del territorio, avevano determinato un
modulo urbano incontrollato, ha portato a risultati notevoli nel territorio e lo ha estinto del tutto nella Valle dei Templi. Agrigento tenta di sollecitare il turista con varie occasioni di interesse culturale e anche con la rassegna di tradizioni folkloristiche di cui la nostra città è terra di elezione. Il dato di 700 mila presenze nella Valle dei templi, è di per sé eloquente.
Certo, sappiamo di doverci muovere rinunciando a concepirci come meta d’obbligo del
turismo nazionale ed internazionale e misurarci, perciò, con servizi e prezzi proposti dai
poli turistici del Mediterraneo. La presenza alla Bit di Milano del Comune di Agrigento, in
uno stand aperto alla partecipazione gratuita dei nostri imprenditori del settore, è
certamente il segno che stiamo lavorando sodo anche in questa direzione. Ma mentre ci
accingiamo a promuovere l’immagine della città, ecco che ripiomba la città degli abusivi e
degli scempi. Quanto ancora Agrigento dovrà pagare questo scotto? La costante presenza
sul territorio, anche nei giorni festivi e domenicali, e perfino a Natale e Capodanno, di
pattuglie della Squadra antiabusivismo della Polizia Municipale, addette al controllo
specialmente nelle zone sottoposte a vincoli di inedificabilità assoluta, ha costituito un
valido deterrente contro il fenomeno del mattone selvaggio.
Sono stati controllati nel 2003 416 cantieri, cui sono seguite 224 informative trasmesse
all’Autorità Giudiziaria.
I cantieri sottoposti a sequestro sono stati 59, tutti in zona agricola e non all’interno del
parco archeologico.
Le notifiche richieste da altri Enti o dall’Autorità giudiziaria in questo settore sono state
358.
In bilancio sono previsti oltre 200 mila euro per la demolizione di eventuali manufatti
abusivi, laddove i proprietari si rifiutano di procedere. Ed abbiamo già avviato il
procedimento coattivo nei confronti di un immobile in contrada Caos. Nessun abuso si
registra da tempo nella Valle dei Templi.
Questa è Agrigento oggi.
A sostegno della nostra tesi c’è un sito che è come un anfiteatro tra i più belli e ricchi del mondo, con i suoi magnifici monumenti greci, spettacolo di rara bellezza, tutelato da un
ente Parco archeologico.
L’attività di Governo della città è aperta sempre a tutte le istanze di collaborazione, qualora si abbandoni il tono della polemica dagli aspetti della morale di Fedro, ed ogni pregiudizio non riscontrabile nella realtà dei fatti. Gli unici palazzoni che sono stati sempre artatamente fotografati attaccati ai templi, sono quelli della città di Agrigento, che dista ben due chilometri dal parco. Non si perpetri più un tale danno all’immagine di una città che ha saputo conservare, con amore e rispetto, uno dei luoghi più belli al mondo.
In conclusione, caro Direttore, chiediamo al suo quotidiano una chiara smentita attraverso
articoli che testimonino che Agrigento ha davvero tagliato i ponti col passato di abusivismo
ed è una città che può con grande dignità guardare al Turismo grazie ad un patrimonio
immenso, riconosciuto dall’Unesco quale patrimonio dell’umanità, tutelato e valorizzato da
enti ed organismi attenti al rispetto dell’ambiente. Se questa nostra lettera non dovesse
avere alcun riscontro, ci riserveremo, nostro malgrado, di agire per tutelare l’immagine
della nostra amata Agrigento.
Il Sindaco
Aldo Piazza
Agrigento, 18 febbraio 2004




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LA REPUBBLICA
ed. Palermo
1 febbraio 2004
AGRIGENTO CELEBRA LA SAGRA DELL’ABUSIVISMO IN FIORE
Agostino Spataro


La mattina di mercoledì 25 aprile 1787, Johann Wolfgang Goethe e il suo amico pittore Kniep, guidati dall’abatino Michael Vella, discesero dalla collina di Girgenti verso la Valle per visitare i templi dell’antica Akragas.

Il poeta rimase estasiato davanti a quei panorami mozzafiato che attraversavano la sacra valle e si perdevano oltre l’orizzonte del mare africano. Usiamo il verbo al passato, poiché oggi tali panorami non si possono più ammirare dall’interno della città medievale.

Nel “Viaggio in Italia” Goethe scrisse cose davvero rimarchevoli su Agrigento e sulle stupende architetture ereditate dalle diverse civiltà che l’abitarono. A cominciare, ovviamente, dai superbi monumenti eretti dai greci fondatori, da quei coloni dorici (i primi immigrati) che portarono in Sicilia la raffinata cultura dell’oriente ellenico.

Tuttavia, il suo entusiasmo si smorza, anzi svanisce, al cospetto dei miseri resti del grandioso tempio (eretto sopra una superficie di 6.407 mq) dedicato a Giove Olimpico: “Ogni forma è scomparsa da questo cumulo di rovine…Ce ne andammo con la sgradevole impressione che qui, per il pittore, nulla ci fosse da fare…”

Gli antichi costruttori non potevano prevedere un tale disastro, anche se- come annota Goethe- “ avevano preso le loro precauzioni, nella speranza di avere discendenti simili a loro…”

E chi mai poteva pensare 20 secoli prima che, nel 1736, il vescovo di una nuova religione, monsignor Gioeni, avrebbe ordinato la rimozione delle imponenti colonne di tufo e dei telamoni che reggevano la trabeazione del tempio per costruire i moli del porto empedoclino?

Esiste, dunque, ad Agrigento una robusta “tradizione distruttiva”, dalle origini così illustri e celebrate (a Gioeni è dedicata una delle più importanti arterie della città), che forse spiega i tanti fenomeni aggressivi.

Nei giorni scorsi, la Cassazione ha emanato una sentenza esemplare contro un ex sindaco, oggi senatore, condannato per non avere vigilato sull’abusivismo edilizio che ha compromesso, forse irrimediabilmente, la prospettiva urbanistica e la crescita civile di questa città. Ma, a parte i proponenti dell’azione penale, nessuno esulta ad Agrigento, nessuno commenta la sentenza.

Ancora una volta, si è scelto il silenzio greve e complice per vanificare il valore di una sentenza davvero memorabile.

Si tace e si balla e si sprecano gli ultimi avanzi di sempre più grami bilanci per mantenere in vita una festa-carrozzone che non richiama turisti paganti e che, invece di celebrare la Valle coi suoi mandorli fioriti, si risolve in un’autocelebrazione di un ceto dominante inconcludente al quale l’Enac ha negato la possibilità di trasformare in aeroporto il suo giocattolino di plastica in formato elettorale.

E tutto ciò in una società dal futuro incerto poiché i suoi giovani continuano a partire per non tornare, in una economia asfittica in mano ad un ceto imprenditoriale che non ama il rischio e brama l’incentivo, che per sopravvivere s’aggrappa alle promesse del primo che passa, che con tutte le risorse disponibili si è ridotto a questuare la qualsiasi, anche un impianto di trattamento di rifiuti. Ecco, dunque, tracciato il nuovo orizzonte del nostro futuro: invece di turismo, di agricoltura specializzata, di pesca, di artigianato e di industrie di trasformazione, di servizi di qualità, ecc, dovremo “trattare” liquami ed immondizia, consentendo a gruppi ristretti di speculatori, in combutta con politici senza scrupoli, di realizzare ottimi affari con scarsi investimenti.




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www.dweb.repubblica.it/dweb/2003/05/17/attualita/attualita/077par35...
LA REPUBBLICA DELLE DONNE
17 maggio 2003
Attualità
SICILIA Il partito del mattone selvaggio
Sfrontati, organizzati, potenti. Sono gli abusivi della Valle dei Templi, ora in campo con una propria lista elettorale. Obiettivo? Un condono dal governo e una sanatoria dalla Regione
di Chiara Dino


Profuma di glicine, ulivi e mandorli in fiore il movimento politico più anomalo e impresentabile dell'Italia intera. Ha un arcobaleno che si staglia sul filo dell'orizzonte e una bilancia perfettamente in equilibrio come simbolo grafico. E ha un progetto paradossale che poteva nascere solo qui, ad Agrigento, nella città della corda pazza, all'ombra del tempio di Giunone e di quello della Concordia, accanto alle vestigia della più pregevole tra le colonie greche in Sicilia. È il movimento "apolitico" degli abusivi della Valle dei Templi, in lizza per le elezioni provinciali del 25 maggio con una lista civica di candidati. Ma soprattutto con un chiaro e preciso obiettivo: convogliare la sfacciata protesta dei tanti proprietari di case costruite dentro il parco archeologico, quelli che resistono compatti al programma di demolizione delle loro dimore da sempre caldeggiato da ambientalisti e società civile. E rappresentare in consiglio provinciale gli interessi di migliaia di cittadini che da trent'anni e oltre vivono illecitamente in uno dei siti archeologici più importanti al mondo, patrimonio culturale dell'umanità. Ultimamente alcuni di loro hanno anche tranciato di netto le cime degli alberi più alti, piantati nel tempo a copertura delle tanto contestate dimore. Il risultato è che oggi la vallata risulta ancora più deturpata, mentre il panorama che si gode dalle loro finestre è da sogno: da un lato la spianata delle colonne doriche, dall'altro il mare di Montalbano. Forti di numeri che potrebbero dar loro ragione, data la capillarità del fenomeno dell'abusivismo in queste contrade, e di un orgoglio veramente sfrontato davanti allo scempio edilizio, ad Agrigento gli abusivi sono una potenza. E intendono spenderla nella sua interezza, senza scendere "a compromessi con qualsivoglia altra compagine politica". Stanno giocando la loro campagna elettorale in piena autonomia. Perché né la destra, che ha ricandidato alla guida della Provincia il presidente uscente Vincenzo Fontana, né la sinistra, che ha scelto come suo aspirante premier l'ex gip Luigi Birritteri, sembrano loro abbastanza affidabili. "Questo governo", dicono, "ha annunciato un condono edilizio che non è mai partito. I nostri amministratori al Comune, alla Provincia e alla Regione (tutti di centro-destra) hanno lasciato intendere che sarebbe partita una sanatoria ma tutto è rimasto lettera morta". Funziona così, ad Agrigento, il capoluogo siciliano il cui ex sindaco, l'attuale senatore dell'Udc Calogero Sodano, è uno degli abusivi più noti del Belpaese. Lui, come altri 646 concittadini, ha costruito una casa nella cosiddetta zona A del Parco archeologico di Girgenti, quella definita di "inedificabilità assoluta", a poche centinaia di metri dal lido di San Leone. Ora che Sodano sembra aver gettato la spugna, accettando l'esecutività del sequestro disposto dalla magistratura e chiudendo i battenti della sua villa al mare, ecco spuntare il partito della rivincita. Sua e di tanti altri. I suoi promoter hanno pensato a tutto. Regolari manifesti e regolari candidati, un quartier generale di tutto rispetto in una delle case più esclusive del mondo intero e un progetto chiarissimo. Raccogliere il maggior numero di voti e rivendere il proprio peso elettorale a chi, a destra o a sinistra, prometterà l'agognata sanatoria. Il loro leader si chiama Italo Di Stefano, il loro candidato presidente Pietro Ciulla, la più battagliera in lista Rosetta Deleo. Con un singolare gusto per il paradosso proclamano il loro diritto a vivere all'ombra delle colonne doriche. E poco importa se quelle colonne appartengono a tutto il mondo. "Noi mica ci lamentiamo delle orde di turisti che tutto l'anno sbarcano qui", cioè attorno alle loro case, dicono candidamente. Perché gli abusivi sono tolleranti, soprattutto nei confronti dei propri abusi, purché nessuno li mandi a vivere da qualche altra parte. Cercare di capire perché fra tanti posti abbiano scelto proprio questo per edificare le loro dimore, è impresa più ardua di quanto si pensi. In molti credono che a spingerli in questa direzione sia stata la lungimiranza di chi sapeva che qualunque immobile, qui, avrebbe nel tempo acquistato un valore inestimabile. Cosa peraltro verissima. Ma loro, la loro storia, la spiegano più semplicemente così. "Abbiamo costruito in assenza di piano regolatore perché ci dovevamo sposare", dice Italo Di Stefano, ex consigliere comunale di An ad Agrigento. "E allora, in Sicilia, per chi non aveva un tetto, il sogno di un talamo nuziale era praticamente irrealizzabile". Procurarsene uno era una necessità imprescindibile. "Erano gli anni '70 e i politici del tempo ci assicurarono che i nostri abusi sarebbero stati sanati", continua Di Stefano. "Sembrava non ci fossero terreni edificabili altrove. E così chiusero un occhio sui tanti cantieri che sorgevano nella vallata. Fino a oggi, però, nessuno ha mantenuto i suoi impegni. Nessuno ha sanato le nostre posizioni". Ma perché mai avrebbero dovuto farlo se poco prima, nel '68, era entrata in vigore la legge Gui-Mancini che individuava, nei 1.200 ettari limitrofi alla spianata dell'antica Akragas, la zona A di un Parco archeologico prezioso e magnifico? Forse perché tanti, in quegli anni, la considerarono solo un cavillo burocratico o poco più. E, certi di una imperitura impunità, costruirono prime e seconde case, pensando che nessuno avrebbe ingiunto loro di rinunciare a tanta bellezza. In verità, sin da allora Legambiente, capitanata da Giuseppe Arnone, l'instancabile leader locale, cominciò contro gli abusivi una battaglia senza esclusione di colpi, che ha visto cadere, negli anni, le teste di tanti amministratori siciliani. Non le ville però. Quelle sono ancora lì: alcune maestose, altre più umili, quasi tutte abitate, vissute, godute da costruttori del tempo ed eredi. L'unico strappo si ebbe nel gennaio del 2001, quando qualcuno riuscì a portare da queste parti le ruspe del Genio Militare. Quell'intervento si risolse però con l'abbattimento di una sola casa e degli scheletri di tre potenziali dimore. Ne nacque una vera rivolta e anche la chiesa da queste parti tuonò contro i bulldozer voluti dagli ambientalisti. Da allora sono state solo polemiche. Oggi, a pochi mesi dalla scadenza dell'ennesima proroga allo sfratto esecutivo per gli abitanti del Parco, l'armata degli abusivi ha cambiato strategia e ha presentato ufficialmente il Movimento per il Lavoro, lo Sviluppo e la Solidarietà. E adesso attende al varco i suoi detrattori. L'appuntamento è per il 26 maggio, quando lo spoglio delle schede chiarirà il peso politico dei militanti del mattone fra i templi. Loro, in questa fase, si dicono certi di un risultato clamoroso. "Per il momento", dice Rosetta Deleo, fondatrice del Comitato delle casalinghe abusive e pasionaria candidata del neonato movimento politico. "Non abbiamo intenzione di scendere a patti con nessuno. Da destra a sinistra, in questi trent'anni sono stati in tanti coloro che hanno fatto leva sulla nostra debolezza, impegnandosi con promesse mai mantenute. Adesso ci siamo stancati. Io parlo anche in nome delle donne, delle tante donne che rappresento. Quelle case sono i luoghi della nostra memoria e del nostro futuro. Chi crede davvero di poterci mandare via ha sbagliato di grosso. E se ne dovrà rendere conto". Ma davvero chi protegge la Valle dei Templi li vuol cacciare con ogni mezzo? In realtà l'obiettivo degli ambientalisti è soprattutto quello di bloccare quanti, tra gli abusivi, premono sull'amministrazione per ottenere una riduzione dell'area del parco archeologico sottoposta a vincoli di inedificabilità assoluta. "Se passasse un progetto di questo tipo", spiega Peppe Arnone, "ci troveremmo di fronte a una recrudescenza del fenomeno dell'abusivismo. Quando viene approvata una sanatoria ripartono sempre i cantieri selvaggi". La via di mezzo fra queste due posizioni contrapposte è la proposta avanzata dall'assessore regionale ai Beni Culturali, Fabio Granata, di An, che vorrebbe concedere agli abusivi l'uso delle case del Parco, ma senza la proprietà. Si tratterebbe di una concessione trentennale che dovrebbe preludere alla costruzione di nuove abitazioni per rispondere alle esigenze di fissa dimora di chi, allo scadere del periodo, si troverebbe costretto a cambiare indirizzo. La proposta, per quanto ragionevole possa sembrare, è assolutamente rigettata dagli interessati. "Ma ci credete davvero che tra trent'anni ci saranno delle nuove case pronte per noi?", conclude la Deleo, "ma se qui mancano i soldi per tutto...". Impossibile andare oltre nel ragionamento anche perché la signora ci prende in contropiede e controbatte candidamente. "Lei mi deve spiegare perché se la prendono tanto con noi se il vero scempio, ad Agrigento, sono i palazzoni tirati su in deroga a qualsiasi licenza in piena città e il grande viadotto che taglia in maniera selvaggia la nostra vallata". Effettivamente, guardandosi intorno, appare evidente che in quanto dice la signora Deleo c'è del vero. Il viadotto Morandi, costruito dopo la frana del '66 per congiungere due quartieri della moderna Agrigento, è uno scempio senza pari, ma autorizzato. E i suoi pilastri poggiano sull'antica necropoli della città vecchia. Mentre i grattacieli del centro città che, guardando dal mare in direzione dei templi, fanno da spaventoso skyline alla Valle dei Templi, se è possibile, sono ancora più orrendi. Così, nella città di Pirandello, dove ognuno ha la sua verità e ogni principio ha un valore relativo e transitorio, anche gli abusivi possono prendersela con chi, legittimato da una carica pubblica, è stato "più abusivo di loro". Basterà a fare di loro un movimento politico vincente?

I confini della legge Il Parco archeologico della Valle dei Templi è stato istituito nel '68 in virtù della legge Gui-Mancini. La normativa individuava, nella zona A, l'inedificabilità assoluta e nelle zone B e C delle aree di rispetto. Oggi le richieste di sanatoria per chi ha edificato le proprie dimore in area B e C sono circa 10 mila, a conti fatti una ogni cinque abitanti. Le costruzioni assolutamente abusive e quindi da buttare giù sono 647. Le persone fisiche denunciate per abusivismo, fra cui l'ex sindaco della città Calogero Sodano, sono 586. Le zone dove sono concentrati gli abusi più gravi sono le contrade di Maddalusa, Poggio Muscello, San Calogero Bianco e San Leonardo. Nel gennaio del 2001 sono stati abbattuti gli scheletri di tre dimore mai definite e una sola casa abitata. Da allora tutto si è bloccato. La moratoria per gli abusivi scadrà nel novembre prossimo. Il maggior numero delle dimore illegittime è stato edificato tra le fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80. Questi dati sono ampiamente documentati e commentati nel volume del sociologo siciliano Gaetano Gucciardo La legge e l'arbitrio, edito da Rubettino. C.D.




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CORRIERE DELLA SERA
13 settembre 2003
CONDONO: LO STATO PRENDE UNO MA PAGA PER TRE
Gian Antonio Stella


Il nuovo condono edilizio, vergognosetto ma invocato come ormai indispensabile per tirar su un po' di soldi, nasce sotto auspici incoraggianti. La sanatoria delle sanatorie, l'autocertificazione offerta dalla Regione Sicilia ai 400 mila isolani colpevoli di abusi edilizi, che da anni e anni lasciano ammuffire le pratiche dei vecchi condoni nella certezza che nessuno andrà mai a disturbarli, è stata accolta infatti così: 1,1% di adesioni a Palermo, 0,37% a Messina, 0,037% a Catania. A Agrigento i cittadini che temono le ire dello Stato e hanno scelto di chiudere il vetusto contenzioso sono 3 (tre) su 12 mila.
Gli amministratori regionali si aspettavano entrate per 700 milioni di euro (1.750 per ogni abusivo) di cui 70 solo quest'anno. Dalle quattro città principali, scaduti i termini fissati, ne arriveranno 1 milione e 85 mila. Hanno deciso una proroga. Auguri. La catastrofe siciliana, ridicola se non fosse tragica, è tuttavia soltanto la punta estrema di un panorama che, sul fronte dell'edilizia fuorilegge, è per molti aspetti disastroso. Eppure, si sapeva. Da anni. Basta rileggere cosa scriveva il Sole 24 Ore sul condono del 1985 varato, tra le polemiche, da Bettino Craxi e Franco Nicolazzi: «Secondo il Censis, le oblazioni porteranno circa 5.500 miliardi e gli oneri di concessione faranno incassare ai Comuni circa 7 mila miliardi, ma a fronte di questi 13 mila miliardi circa, la collettività dovrà spendere da 11 a 25 mila miliardi per realizzare le opere di urbanizzazione». Errore: sarebbe andata peggio. I miliardi di vecchie lire incassati al 31 dicembre 1986 furono 3.500 (tre volte di meno degli oltre 9 mil a sbandierati nelle previsioni) a corredo di circa un milione e 300 mila domande contro i 3 milioni che erano stati ottimisticamente previsti sulla base del censimento che nel 1981 aveva fatto «scoprire» la nascita in soli dieci anni di 4 milioni e 418 mila abitazioni: il doppio di quelle stimate dall'Istat. Quanto ai costi per urbanizzare intere borgate abusive sparse per l'Italia portandoci strade e fognature e luce e tutto il resto, si sa come andavano le cose in quegli anni, coi lavori pubblici. Segnati da rincari che talvolta, come denunciò la Corte dei Conti accusando Edoardo Longarini, vedevano «sovrapprezzi del 258% (sbancamento), 477% (fondazione da 0 a 2 metri) e 156% (fondazione sotto i 2 metri)» rispetto ai prezzi Anas. Al Comune di Roma hanno fatto i conti: dal condono del 1985 e da quello berlusconiano del 1994 hanno ricavato in totale 467 milioni e mezzo di euro. Cioè 922 per ognuna delle 506.578 domande di condono. O se volete 1.502 euro per ciascuna delle 311.034 pratiche portate a compimento. Tiriamo le somme? Tra questi abusi, dalle marachelle venali alle porcate più vergognose, c'erano circa 100 mila case abusive costruite tra il 1967 e il 1993. In larga parte villini tirati su alla meno peggio senza uno straccio di programmazione, nel caos più totale della più scalcagnata periferia capitolina. Bene: l'urbanizzazione primaria e secondaria di un'area progettata in ogni dettaglio, dalle strade alle fognature ai servizi essenziali, costa circa 22 mila euro per ogni abitazione, caricati per 15 mila sulla famiglia che compra o costruisce seguendo la legge. Ma questo se ogni intervento è coordinato e prefissato. Nel caso delle borgate abusive, ciao: il costo di una urbanizzazione completa schizza fino a 30 mila o oltre. Risultato: anche quelli che approfittarono del condono berlusconiano, assai meno ge neroso di quello craxiano, hanno pagato in questi anni circa 10 mila euro, di cui 5 mila al comune di Roma. Una cifra da tre a quattro volte più bassa di quella costata allo stesso Comune per mettere i fuorilegge «redenti» in condizioni di vivere in modo civile. Il che fa dire ai responsabili dei settori coinvolti, dall'assessore Roberto Morassut al direttore dell'ufficio condoni Riccardo Lenzini, che se le case da condonare adesso fossero 20 mila (stima riduttiva) lo Stato e il Comune incasserebbero 200 m ilioni di euro contro una spese di almeno 440. Un bell'affare... Questo se tutti pagassero. Ma così non è. Basta prendere, appunto, il caso della Sicilia che insieme con la Campania, la Calabria e la Puglia copre da sempre, accusa Legambiente, il 37% (qualche anno di più, qualche anno di meno) del panorama dell'abusivismo italiano. Nell'isola scoppiò la rivolta, quando uscì il condono del 1985. Dissero che era troppo severo e bloccarono le autostrade e fermarono i treni e paralizzarono Palermo. «Non riusciremo mai a pagare queste cifre!» E tutti i sindaci in coro, train ati da quello comunista di Vittoria si sgolavano: «Hanno ragione!». Il prezzo fissato per sanare era: 25 mila al metro quadro per le case costruite prima del 1977, 36 mila per quelle fatte dopo. Per capirci: 2 milioni e mezzo di multa più 6 e mezzo di oneri per una casa di 100 metri quadri. Totale: 9 milioni. Ma c'era il trucco: degli oneri andava saldato subito solo il 10%. E la stessa multa andava calcolata sulla base di tabelle che sistematicamente furono, diciamo così, interpretate al ribasso. Risultato: 400 mila abusivi, in cambio di un anticipo certo non rovinoso, bloccarono per anni e anni inchieste, espropri e minacce di abbattimento in attesa di chiudere la pratica successivamente. Quando? Con calma... Franco Piro, coordinatore della Margherita ed ex assessore siciliano al bilancio, ricorda come andò a Termini Imerese, 28 mila abitanti: «Istanze esitate nella I sanatoria: 40%. Nella II: 10%». E già possono andar contenti, lì: altrove è andata assai peggio. Con percentuali di fascicoli portati fino a conclusione assolutamente ridicole. Nonostante la Regione, per accertare quante domande fossero o meno in diritto di essere accolte, avesse assunto con la legge 37/85, una caterva di geometri e impiegati e ingegneri per un totale di 1.324 giovani. Tutti precari poi confermati dall'assunzione definitiva. Con una spesa a carico di Mamma Chioccia, in quindici anni e passa, stimata in oltre 600 milioni di euro. Pari a quasi il doppio dei 360 che risultano incassati nell'isola dal condono del 1994. Un costo spropositato, accusano i nemici del condono, tanto più rispetto ai risultati: poco più di 1.500 pratiche portate a compimento a Palermo. Su 50 mila. Al punto che qualche mese fa, come dicevamo, la Regione ha deciso di tentare una sanatoria della sanatoria offrendo agli abusivi in sonno, ben decisi a starsene quieti e non svegliare il cane dormiente, la possibilità di chiudere i conti e mettersi in regola con l'autocertificazione. Come sia andata l'abbiamo detto: 63 risposte su 17 mila a Messina, 3 su 12 mila ad Agrigento, 9 su 25 mila a Catania... Perché muoversi? Metti che il prossimo condono sia ancora più generoso... (1 - continua)





La cronaca
Arriva il condono edilizio da 1,5 miliardi
Antonella Baccaro

ROMA - E adesso il governo deve affrettarsi. L’annuncio ufficiale, dato ieri dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che il condono edilizio si farà e dovrà portare nelle casse dello Stato 1,5 miliardi di euro, spazza via le obiezioni politiche sul «se» sia opportuno varare una sanatoria. Il confronto si sposta ora sul «come» procedere, con l’esigenza primaria di circoscrivere immediatamente la portata del provvedimento, per evitare che nel Paese si scateni una corsa all’edificazione selvaggia. All’inaugurazione della Fiera del Levante di Bari, il premier, ricostruendo i termini della prossima manovra, ha dosato le parole: «So che il condono edilizio dà fastidio a tutti - ha detto - ma ci troviamo con l'esigenza di trovare 2-3 mila miliardi di vecchie lire e non possiamo farne a meno. E’ una misura che possiamo fare una sola volta». Il fatto che Berlusconi abbia riportato il condono all’interno della Finanziaria non significa che tramonti l’ipotesi di anticipare la misura con un decreto. Questo sembra ancora l’orientamento dei tecnici ministeriali che in questi giorni avrebbero ipotizzato una riapertura dei termini del condono del 1994 (per quanti cioè abbiano edificato per non più di 250 metri quadri rispetto a quanto accatastato legalmente), aggiornato nella tempistica (per gli abusi commessi fino al 30 giugno 2003) e nelle somme da versare: rateizzabili in tre anni con un acconto non inferiore al 50% del dovuto e pari, in media, a 100 euro al metro quadro.
Un condono simile avrebbe poco a che fare con la sanatoria per le sole «opere interne» ipotizzato da Alleanza nazionale. Ieri il ministro delle Politiche agricole, Giovanni Alemanno, ha sottolineato la necessità che i termini del provvedimento vengano «concordati» con il ministero dell'Ambiente «perché va verificato che non serva a giustificare scempi ambientali, per esempio salvando gli ecomostri». In sintonia il ministro delle Politiche comunitarie, Rocco Buttiglione che, commentando l’annuncio del premier, ha detto: «Non facciamo salti di gioia, ma sappiamo che la situazione della finanza pubblica è quella che è. Bisognerà limitarsi agli abusi di entità minore che derivano dall’inefficienza dei Comuni». Una tesi, quest’ultima sostenuta anche dal presidente di Assoedilizia, Achille Colombo Clerici. Sempre Buttiglione propone che siano i Comuni a stabilire quali opere siano sanabili «perché ci possono essere quelle che, pur rientrando nella metratura prescritta, violano l’ambiente o l’arte». Infine, secondo il ministro, ai Comuni minori dovrebbe andare un finanziamento per far fronte alla mole di lavoro che il condono comporterà.
A questo proposito il responsabile delle Infrastrutture di Forza Italia, Maurizio Lupi sottolinea «che bisognerà evitare improvvisazioni, curando in particolare che non si vadano a sanare abusi per cui sia già stata chiesta la sanatoria nei due precedenti condoni». La sanatoria è per il vicepresidente di Confindustria, Francesco Rosario Averna «una strada che porta all'illegalità». E’ una misura «inefficace e pericolosa» per il sindaco di Roma, Walter Veltroni. Ironizza il presidente Ds, Massimo D'Alema: «E’ uno scandalo. Mentre le riforme Berlusconi non le sa fare, i condoni sono la sua specialità». Ermete Realacci, presidente di Legambiente e membro dell'esecutivo della Margherita, promette un’«opposizione durissima». E il Verde, Paolo Cento, annuncia un girotondo intorno a Palazzo Chigi.




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CORRIERE DELLA SERA
1 dicembre 2001
SICILIA, POLI UNITI IN DIFESA DELLE CASE ABUSIVE
Gian Antonio Stella


"Abusivi di tutto il mondo: unitevi! Ci vogliono abolire! E' un abuso! Abusivi: diciamo no all' abuso!". Fosse ancora vivo, solo il grande Totò (De Curtis) potrebbe rappresentare al meglio quanto è successo in Sicilia. Dove il presidente della Regione Totò (Cuffaro) ha girato ai prefetti, con accorata partecipazione, l' appello ricevuto dai rappresentanti di gran parte del consiglio regionale (diessini, forzisti, nazional-alleati, democristiani, "margheritini", anche se nelle ultime ore sono emerse divisioni all' interno di An e dei Ds...) perché per almeno sei mesi vengano annullati gli abbattimenti già esecutivi di alcune centinaia di case abusive. Nonostante l' Assemblea Regionale Siciliana, equiparata per stipendi e prebende al Senato, abbia finora lavorato in media due ore la settimana con punte minime di tre minuti tra le scampanellate d' apertura e chiusura di una seduta, i deputati isolani dicono infatti d' esser decisi a varare subito quella legge (ma forse sarebbe più esatto chiamarla "sanatoria") attesa da anni, che dovrebbe mettere ordine nel demenziale caos urbanistico. A quale ordine pensi Cuffaro si sa: "Non sono pensabili trattamenti diversi per gli abusivi di necessità e quelli di speculazione. Niente ruspe, ma reti fognarie e un migliore arredo urbano". Cosa ci sia in ballo è presto riassunto. A Castelvetrano sono spuntate sulla spiaggia diecimila ville e villette accatastate per 13 chilometri anche accanto a Selinunte. A Gela hanno scoperto un mese fa che tre palazzi sono stati costruiti sopra il collettore fognario. Ad Agrigento sono indagati perché hanno una casa abusiva nell' area archeologica (direttamente o attraverso la moglie o la suocera) l' ex sindaco oggi deputato Calogero Sodano, il geometra della commissione anti-abusivi, i due ultimi comandanti dei vigili urbani... Spiega una ricerca Cresme-Credito Fondiario-Assimpredil citata da Legambiente, che nell' area mediterranea nei soli anni ' 80 sono stati costruiti 5,5 milioni di case fuorilegge su un totale di 17 milioni, pari al 32,4%. E che "il mattone illegale rappresenta il 70% del mercato in Egitto e Algeria, il 60% in Tunisia, il 45% in Marocco, il 40% in Turchia". L' Italia (15%) sta un po' meglio, ma il Sud no: 45% in Campania, dove 200 mila persone vivono ad alto rischio in 45 mila abitazioni folli sotto il Vesuvio, il 35% in Sicilia. Con punte stratosferiche ad Agrigento dove, denuncia uno studio del sociologo Gaetano Gucciardo, sono state tirate su dal 1981 al 1991 senza licenza il 94,8% dei condomini, dei capannoni, delle chiese... Un panorama catastrofico. Frutto d' una combinazione esplosiva tra la macchinosità di leggi cervellotiche mai applicate in realtà locali di sciatteria amministrativa e l' indifferenza oscena con cui troppi italiani approfittano della farraginosità delle norme per infischiarsene. Basti dire, avendo il virus infettato più o meno tutta la penisola, che le nostre coste sono state sepolte sotto tre miliardi e 150 milioni di metri cubi di cemento fuorilegge. Che su 100 case abusive 76,3 sono state costruite nelle quattro regioni meridionali a più alta densità criminale. Che anche quest' anno, dopo decenni di autocoscienza ambientale e di denunce dei disastri alluvionali causati dalla gestione scellerata del territorio, sono state costruite 35 mila abitazioni abusive. "I comportamenti previsti dalla legge come reati cessano di esserlo se la coscienza morale dominante non li considera tali", ha detto tempo fa Giulio Tremonti. Il segnale che parte dalla Sicilia, con l' appoggio bipartisan (proprio un bel tema per mettersi d' accordo...) della destra e della sinistra, è un segnale a quelle coscienze sempre più indifferenti alle regole. Coscienze atone già confortate dalle statistiche: il rischio che arrivi la ruspa, anche nel caso di ordini di demolizione esecutivi, è nel nostro Mezzogiorno dello 0,97 per cento.



INES TABUSSO