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"Avendo presente che, se ogni illegalità è inaccettabile, lo è tanto più se si tratta d’illegalità commessa da chi è investito di pubbliche funzioni. In questa prospettiva, a differenza di quanto sembrerebbe pensare il ministro, non mi preoccuperebbe affatto che benefici eventualmente concessi a ladri comuni fossero rifiutati a ladri pubblici amministratori".
(CARLO FEDERICO GROSSO, LA STAMPA, 4/1/2007)



CFR.:
LA STAMPA
4/1/2007
Ministro, non difenda i ladri
CARLO FEDERICO GROSSO

Ieri in un’intervista al Corriere della Sera Mastella è sceso in campo per difendere il cosiddetto comma Fuda sulla prescrizione degli illeciti contabili: l’ormai famoso comma 1343 del maxiemendamento che, inserito di soppiatto nella Finanziaria dopo che era stato bocciato da maggioranza e governo, avrebbe fatto rischiare la prescrizione al 70% dei processi contabili in corso a causa dell’anticipazione della decorrenza della prescrizione. Com’è noto, per evitare gli effetti di questa norma, il Consiglio dei ministri è stato addirittura costretto ad approvare, il 27 dicembre, un decreto legge che ne sancisse l’abrogazione prima dell’entrata in vigore della Finanziaria. Mentre, esplose com’era ovvio le polemiche, lo stesso Prodi ha dichiarato: sto cercando il mandante. Il mandante non è stato ancora trovato, ma il Guardasigilli non ha esitato a intervenire controcorrente: Fuda sarebbe l’eroe «vendicatore di tanti amministratori pubblici costretti da una legge iniqua a non beneficiare di una prescrizione per un reato contabile». «I ladri sì e i sindaci no, cose da pazzi».

«Tantissimi amministratori ci chiedono il riequilibrio di questa ingiustizia». «Non si può essere rei a vita». Ma non solo: il povero Fuda, che avrebbe «ideato il famoso comma solo per evitare una via crucis a tanti amministratori locali», sarebbe stato oggetto di una gazzarra inaccettabile soprattutto perché «brutto anatroccolo del Sud»; «Se fosse stato un senatore nato al Nord, nessuno avrebbe pensato che a ispirarlo c’erano amici compiacenti».

Il problema della prescrizione degli illeciti contabili è problema annoso. Ricordo che anni fa tali illeciti erano considerati imprescrittibili. La prescrizione fu poi stabilita in dieci anni. Nel 1996, primo governo Prodi, è stata ulteriormente ridotta a cinque anni, con esplicita esclusione degli eredi salvo che in caso d’ingiusto arricchimento. Una decisione ineccepibile, perché non era ragionevole sottoporre gli amministratori pubblici a un rischio di richieste contabili eccessivamente protratto nel tempo, destinato a trasmettersi addirittura agli eredi in caso di morte. Ciononostante, gli amministratori continuano a vivere con angoscia l’incombenza della giustizia contabile, perché essa opera con grande severità sulla base di prassi rigoristiche, subordina la condanna non al dolo ma alla semplice colpa dell’amministratore e determina sovente obblighi di pagamento all’erario molto elevati. Nondimeno indebolire indiscriminatamente la giustizia contabile sarebbe pericoloso, poiché, in assenza di un controllo giurisdizionale adeguato, si rischierebbe d’incentivare una gestione del denaro pubblico caratterizzata da sprechi senza freno, esiziale in un Paese, come il nostro, dove lo spreco del pubblico denaro costituisce purtroppo già oggi una prassi diffusa.

Per questo motivo la difesa d’ufficio delle ragioni degli amministratori pubblici scialacquoni, da chiunque provenga, non è condivisibile. Stupisce se proviene addirittura dal ministro della Giustizia. Per carità, Mastella ha ragione quando sostiene che nessuno può essere considerato reo a vita. Tuttavia già oggi in Italia nessuno rischia in realtà condanne per illeciti imprescrittibili. Occorreva piuttosto evitare che, attraverso una modificazione surrettizia delle regole della prescrizione degli illeciti contabili, centinaia di procedimenti rischiassero, come ha denunciato la Corte dei Conti, di estinguersi, con danni incalcolabili per l’erario. In questo senso Prodi, dopo lo sconcerto iniziale, ha operato giustamente e con tempestività per rimediare ai possibili guasti dell’emendamento fantasma. Attendiamo ora con curiosità di sapere se, come ha promesso, farà chiarezza sulle responsabilità politiche di quanto è accaduto.

Quanto al Guardasigilli, lasciamo stare le accuse di razzismo dovute all’origine meridionale del senatore Fuda. Sarebbe comunque interessante conoscere se egli non pensi che l’interesse a una gestione irreprensibile della cosa pubblica debba comunque prevalere sull’interesse di tanti amministratori pubblici a non subire adeguati controlli di legalità sui loro atti e a non essere condannati a giuste sanzioni per gli illeciti eventualmente commessi. O non tema che, attenuando l’incisività dei controlli anche soltanto attraverso la modificazione delle regole della prescrizione (emendamento Fuda dopo la ex Cirielli), si rischi di aprire la stura a un’illegalità ancora più devastante di quella che ha già sufficientemente devastato fino ad oggi il nostro Paese. Avendo presente che, se ogni illegalità è inaccettabile, lo è tanto più se si tratta d’illegalità commessa da chi è investito di pubbliche funzioni. In questa prospettiva, a differenza di quanto sembrerebbe pensare il ministro, non mi preoccuperebbe affatto che benefici eventualmente concessi a ladri comuni fossero rifiutati a ladri pubblici amministratori.

INES TABUSSO