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IL SECOLO D'ITALIA
28 giugno 2006
«Ve la racconto io
la Rai della destra»
PAOLO DIAMANTE


ROMA. Duemila pagine per spiegare i
motivi delle restrizioni cautelari.
Migliaia di ore di intercettazioni per
illustrare come veniva gestito il potere.
Da Potenza, e dal gossip creatosi
intorno a tutta la recente vicenda,
sono piovute tonnellate di interpretazioni
e spiegazioni di come... la Rai
fosse dominata e occupata dalla
destra: dal primo dei direttori all’ultima
velina di turno. Tutto, stando al
Potenzagate, girava solo se lo voleva
la destra, allora al governo. Ma la
verità, si sa, alberga sempre nel fondo
e mai in superficie. E così, scavando
scavando, si scopre che nella Tv
pubblica, chi realmente comanda
non è altro che il “partito Rai”. Un
partito fatto di burocrati impermeabili,
in tutto e per tutto, a qualsiasi
input che arrivi da destra. E a raccontarlo
è Pietrangelo Buttafuoco, giornalista
e polemista di destra, con alle
spalle anche esperienze televisive,
che ha vissuto, in negativo, l’esperienza
di una Rai “favoleggiata” a trazione
Cdl.

Siamo nel 2001, la Casa delle
libertà vince le elezioni, e ci si aria
nuova in Rai. Anche tu?

Con l’arrivo della destra al governo
cominciai ad essere cercato, chiamato
e contattato da direttori, da Flavio
Cattaneo in persona, da capistruttura
e funzionari vari della Rai.
Sembrava che fossi diventato indispensabile,
sembrava appunto che
si dovesse allestire una trasmissione
per cancellare l’epocale egemonia
culturale della sinistra: avevo alle
spalle la doppia stagione di Mediaset
con “Sali & Tabacchi”, la trasmissione
laureata da Aldo Grasso come «la
più bella trasmissione culturale».
Tutte le carte in regola quindi.
Tutto sembrava obbedire a una
necessità reclamata dall’urgenza di
dare voce alla metà italiana da sempre
esclusa nella televisione di Stato.
Ma il vero arcitaliano motivo per cui
mi chiamavano era sempre altrove.
Non erano i “titoli”, mi chiamavano
solo perché io e Maurizio Gasparri
siamo compari e pensavano così di
mostrarsi solleciti verso il ministro
riservandosi di prenderlo in giro
dopo. A quel tempo stavo al Foglio
dove dal mio “riempitivo”, una rubrica
quotidiana, anche con la complicità
di Giuliano Ferrara, assecondavo
un tormentone: vogliamo quantomeno
“il segnale orario” in Tv, giusto
per non farci trovare impreparati
quando dovremo segnare l’ora fatale
del destino. Era quasi un’ovvia par
condicio. Se Fabio Fazio s’era aggiudicato
le previsioni del tempo, non
potevamo noi del cattiverio prenderci
l’orologio?

E invece nulla. L’avventura finisce
prima ancora di nascere...

Niente affatto. I contatti con tutto
il mondo Rai continuavano. Ma se
proprio dobbiamo dirla tutta, già dall’inizio
sembrò chiara l’antifona: direttori,
direttori generali, capistruttura e
funzionari vari si limitavano a fare un
poco di fuffa per fare il loro figurone
con il ministro, bella figura anche con
Marcello Veneziani e, subito dopo, si
premuravano ad ammazzare qualsiasi
progetto. Le loro proposte erano
le solite: orari pornografici, notte fonda,
palinsesti ingarbugliati e tutta
una montagna di tempo perso. La
più bella è stata: «Possiamo provare
un esperimento estivo». In una parola:
elemosina. Quello che agli altri era
dovuto per obbligo di “quota democratica”,
per noi era solo elemosina.

Proposte che tu hai rifiutato?

No, anzi. Per dovere di militanza
politica (e non per An, piuttosto per
tutta la fascisteria) assecondavo ogni
richiesta. Per una trasmissione interamente
scritta da me, confezionata
da me e condotta da me ebbi offerti
mille euro. Per dovere di militanza
politica (e non solo per An, anche per
tutta la fascisteria italiana) e per non
concedere loro alibi feci la mia controfferta:
pagatemi un euro a puntata.
Non seppero capacitarsene. Con
pazienza redigevo numeri zero, strut-
ture, redazioni; una settimana prima
della messa in onda avevano dimezzato
la trasmissione mettendo me e
Gigi Moncalvo in condominio; ho perfino
scritto un soggetto da Memorie
del Sottosuolo, per Agostino Saccà.
Ma anche per lo sceneggiato russo,
niet. Manco un arrivederci.

Ma allora, la destra padrona della
Rai dov’era?

Praticamente una barzelletta.
Ignazio La Russa, che ha il guizzo luciferino
etneo, mi diceva: «Incredibile:
abbiamo il direttore generale, il ministro
delle comunicazioni, siamo al
governo. Non dico che dopo tre giorni
tutti gli italiani debbano andare per
strada cantando “Giovinezza” e gridando
“Viva il Duce”, ma è mai possibile
che non si riesca a fare una trasmissione
nostra?».

E fu allora che mollasti la presa?

Mai. Un giorno fui chiamato da
Giuliana Del Bufalo e da Antonio Socci,
e venni officiato per farla definitivamente
e sicuramente la trasmissione,
magari proprio “il Segnale orario”.
Ma fu l’ennesimo aborto. E non
per colpa di Socci, né della Del Bufalo
che, poverina, non si fece trovare al
telefono tanto era chiaro che era già
finita a schifìo. Tutto il sottobosco Rai,
ma anche i direttori, dirigenti, capistruttura
e funzionari vari, hanno avuto
cura di fare morire tutto ciò che
veniva proposto. Prendendo regolarmente
in giro anche i politici, non ultimo
Maurizio.

Ma non è che ce l’avevano con te?

Beh, giudica tu. Quando ormai
avevo un rapporto con la Sette e
non potendo più fare in prima persona
niente di niente, concordai
con Mario Landolfi e Salvo Sottile
di organizzare una squadraccia di
fuoriclasse affinché gliela facessero
loro una trasmissione. Eccetto
Alessandro Giuli, che dovette fare
solo un salto da Trastevere, per partecipare
alla riunione, feci arrivare
a Roma da tutta Italia il fior fiore del
cattiverio: da Bari Michele De Feudis,
da Bologna Alessandro Ortenzi,
dalla Calabria Bruno Giurato.
Insomma, tutta gente che campa di
suo, professionisti, artisti in grado
di confezionare il meglio. Un signor
direttore della Rai li congedò
dicendo loro: «Bene, lasciateci i
vostri curricula e vi faremo sapere».
Nulla di più. Come se fossero arrivati
sino a Viale Mazzini per raccogliere
un’elemosina. Una figuraccia
da perderci la faccia.





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CORRIERE DELLA SERA
29 giugno 2006
Buttafuoco: la Rai del Polo? Un flop
Socci: la guida culturale era Marzullo

ROMA - Che sfogo, quello consegnato da Pietrangelo Buttafuoco a Il secolo d’Italia , nuova tessera di un duro regolamento di conti nel centrodestra. Proprio sull’organo ufficiale del partito dell’ex ministro Maurizio Gasparri. Il nodo è: perché l’ex maggioranza non ha lasciato alcun «segno» culturale alla Rai in cinque anni di governo? Buttafuoco racconta la sua parabola. Da quando sembrava fosse «diventato indispensabile per una trasmissione epocale per cancellare l’egemonia culturale della sinistra». Mi chiamavano «perché io e Gasparri siamo compari e pensavano così di mostrarsi solleciti verso il ministro riservandosi di prenderlo in giro dopo». Il progetto, ironizza, era «almeno occupare "il segnale orario"», Fazio s’era preso le «Previsioni del tempo»... Ed eccoci alle accuse (qui si materializza il fantasma Rai di Flavio Cattaneo): «Direttori, direttori generali, capistruttura si limitavano a fare un poco di fuffa per fare il loro figurone col ministro e con Marcello Veneziani, subito dopo si premuravano di ammazzare qualsiasi progetto». Morale: una settimana prima della trasmissione su Raidue «l’avevano dimezzata mettendo me e Gigi Moncalvo in condominio». Poi, racconta, venne chiamato da Giuliana del Bufalo e da Antonio Socci «ma fu l’ennesimo aborto e la del Bufalo, poverina, non si deve trovare al telefono tanto era chiaro che era già finita a schifio». Poi, approdato a La7, non funzionò nemmeno la sua segnalazione di un gruppo di intellettuali di destra (e cita Alessandro Giuli, Michele De Feudis, Alessandro Ortenzi, Bruno Giurato) che vennero ricevuti e liquidati con un «lasciate il curriculum». Roba, chiude Buttafuoco, da mendicanti. Comunque «una figuraccia da perderci la faccia».
Un centrodestra incapace di incidere sul corpaccione Rai? Ammette l’ex consigliere Marcello Veneziani: «Le cose sono andate grosso modo come dice Pietrangelo. La colpa? Le spinte della politica e l’immobilismo interno si neutralizzano. Io stesso ho in archivio ottocento pagine di progetti». Ma non era lei il consigliere? «Certo. Ma facciamo un esempio. Chiesi a Raidue una trasmissione culturale innovativa. Mi ritrovai con un orrorino moda-attualità, Galatea , 3% di share. E Rai Futura, canale destinato alla sperimentazione, messo nelle condizioni di non nuocere?» Colpa della Direzione generale? «Cattaneo ha lavorato bene. Forse da manager non aveva le antenne per la cultura. Altri avrebbero dovuto attivarle» Chi? «Direttori di rete, funzionari». E l’esempio di Veneziani va in zona leghista: «Un Massimo Ferrario a Raidue non aveva tutta questa competenza per dirigere una rete. Poi c’era destra nel complesso ben poco attenta ai quei temi. Pensava ad altre cose, alla Rai, come si è visto... L’unico segno che abbiamo lasciato è un potere culturale smisurato nelle mani di Marzullo. Nemmeno Umberto Eco lo ha avuto. Mi opposi alla sua nomina a vicedirettore di Raiuno, me lo ritrovai capostruttura della cultura...».
Anche Antonio Socci, ex vicedirettore di Raidue (rete che sotto il centrodestra ebbe un’area di influenza mista Lega-An): «Ho inseguito Pietrangelo, convintissimo com’ero che avrebbe portato idee, intelligenza, spunti, una cultura proposta con ironia e brillantezza. Non svelo nulla perché i suoi sono format tuttora validi. Il suo mancato approdo ai palinsesti Rai è uno dei miei crucci, e così direi di Fiamma Nirenstein». Ma cosa accadeva, Socci? «Le idee morivano poco dopo la nascita».
Perché? «Mancavano gli interlocutori». Chi? L’allora direttore di Raidue Antonio Marano? «Non fermiamoci lì». La direzione generale? «Forse. So solo che l’occasione è stata irripetibile ed è stata persa. Il centrodestra avrebbe dovuto spalancare finestre, aggiungere piuttosto che togliere, non cacciare Santoro ma mettere anche Buttafuoco. Invece...». E qui rieccoci a un nome già citato: «Invece il centrodestra ha saputo solo affidare tutto il potere culturale a Marzullo. Ottima persona, non lo conosco. Ma l’ex maggioranza avrebbe potuto aspirare a qualcosa di diverso».
Domanda: chi fonderà un club a sostegno del responsabile culturale di Raiuno?
P. Co.



INES TABUSSO